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Persecuzione cristiani armeni
Il grido di dolore degli armeni del Nagorno-Karabakh
Non lo leggerai sui quotidiani e non ne sentirai parlare al tg o in radio.

 

Ma si sta facendo sempre più preoccupante la situazione nel Nagorno Karabakh, la regione armena che si trova all’interno dell’Azerbaigian.

 

A lanciare l’allarme è l’Oeuvre d’Orient, associazione cattolica francese che dal 1856 si occupa dell’aiuto ai cristiani d’Oriente ed opera in oltre venti Paesi del mondo.

 

Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian è scoppiato nel 2020, proprio per il controllo dell’enclave del Nagorno-Karabakh.

 

L’Azerbaigian musulmano ha avviato le ostilità contro i cristiani armeni sostenuto fortemente dalla Turchia.

 

E proprio il governo di Ankara ha inviato dalla Siria e dalla Libia gruppi jihadisti che si sono macchiati di gravissimi crimini ed atrocità, anche contro le donne.

 

Un episodio particolarmente agghiacciante è stato lo stupro di una soldatessa armena, madre di tre figli, commesso prima di averle tagliato tutti e quattro gli arti, cavato gli occhi e infilato una delle sue dita mozzate nelle sue parti intime.

 

Il conflitto ha portato a una sconfitta militare armena e a un accordo di cessate il fuoco sponsorizzato dalla Russia. Tuttavia, gli scontri al confine continuano periodicamente.

 

Ebbene, ora l’Azerbaigian ha deciso di bloccare il corridoio di Latchine. In questo modo, come informa l’ Oeuvre d’Orient, da 133 giorni, ovvero da più di quattro mesi, il Nagorno-Karabakh, popolato esclusivamente da armeni, è totalmente isolato dal mondo esterno.

 

“Il 12 dicembre, violando sette dei nove articoli del cessate il fuoco firmato nel 2020, l’Azerbaigian ha dispiegato un blocco armato nel corridoio di Lachin, l’unica via che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia. Questo blocco isola così il Nagorno-Karabakh dalla sua unica fonte di cibo, medicine ed energia. Da più di quattro mesi il Nagorno-Karabakh è immerso in una situazione di carenza di beni di prima necessità (cibo, prodotti per l’igiene, medicinali, carburante ed elettricità). Oggi, 20.000 studenti non frequentano più la scuola in Nagorno-Karabakh e 860 imprese locali hanno sospeso le loro attività economiche. I 120.000 armeni che popolano la regione sono soggetti a grandi privazioni”.

 

Il governo di Baku sembra voler tornare allo spaventoso genocidio armeno del 1915.

 

Scopo del blocco, infatti, sembra proprio essere quello di annientare l’intera popolazione armena del Nagorno-Karabakh.

 

E a proposito dell’intervento di Ankara nel conflitto, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan si era retoricamente chiesto: “Perché la Turchia è tornata nel Caucaso meridionale 100 anni [dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano]?”. E la sua risposta fu: “Per continuare il genocidio armeno”.

 

Le azioni dell’Azerbaigian nel Corridoio Lachin violano i più elementari diritti umani.

 

Il 19 gennaio 2023, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle conseguenze umanitarie del blocco in Nagorno-Karabakh, chiedendo all’Azerbaigian di aprire immediatamente il corridoio. La Corte internazionale di giustizia ha emesso una sentenza il 22 febbraio 2023 per le Nazioni Unite, chiedendo all’Azerbaigian di aprire immediatamente il corridoio. Anche Amnesty International ha espresso le sue preoccupazioni e ha chiesto che il blocco venga revocato senza ulteriori indugi per porre fine alla crisi umanitaria.

 

Eppure, finora nulla è cambiato.

 

Gli organismi internazionali devono intervenire. Subito.

 

Permettere all’Azerbaigian di schiacciare impunemente il Nagorno-Karabakh aprirebbe la strada a tutte le peggiori trasgressioni dei diritti umani in futuro. Con il blocco del corridoio Lachin continua il genocidio armeno, che abbiamo ricordato proprio il 24 aprile scorso.

 

Gli armeni hanno tutto il diritto di vivere in pace. Specialmente dopo quello che hanno subito in passato.
Raccogliamo più firme possibili!
I dati del Rapporto di ACS, tra gennaio 2021 e dicembre 2022, parlano chiaro. Nel mondo, in un 1 Paese su 3, il diritto alla libertà religiosa non è pienamente rispettato. Vale a dire in 61 nazioni su 196. In totale, quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.

Firma subito la petizione alla presidente Meloni per dimostrarle che siamo in tanti ad avere a cuore il bene di tanti nostri fratelli e sorelle!
Aderisci anche tu