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La persecuzione dei cristiani nella spietata tirannia nordcoreana!
La persecuzione dei cristiani nella spietata tirannia nordcoreana!
Choi Kwanghyuk ha cinquantacinque anni, risiede negli Stati Uniti dal 2013, dopo aver abbandonato la Corea del Nord temendo per la propria incolumità, e definisce ‘un paradiso’ la sua nuova vita in Occidente.

 

Le autorità comuniste esercitano uno stretto controllo sulle informazioni che circolano all’esterno e all’interno della Corea del Nord, e solo le testimonianze di disertori come Choi consentono di conoscere le dinamiche segrete del regime di Kim Jong Un.

 

In recenti interviste, Choi ha descritto la persecuzione religiosa nel suo Paese, e ha raccontato di essere stato ‘interrogato’ dai servizi di sicurezza in merito alla sua fede nel 2008, quando le autorità l’hanno catturato perché colpevole di aver gestito una chiesa cristiana sotterranea. Hanno cercato di costringerlo ad abiurare al cristianesimo, come ha spiegato a Fox News: «mi torturavano, ma non ho ceduto». Le lesioni subite in quei giorni l’hanno reso incapace di lavorare.

 

In quell’occasione Choi sente per la prima volta parlare delle ‘chiese sotterranee’, gruppi religiosi segreti affini a quello da lui gestito. La chiesa sotterranea di Choi era letteralmente sotto terra, all’interno di un pozzo di stoccaggio invernale, come raccontato al Post Christian il 6 ottobre: «In Corea del Nord, scaviamo buche nel terreno per immagazzinare kimchi [verdure fermentate con spezie, ndt] e patate durante l’inverno. La Corea del Nord ha un clima molto rigido e se non preserviamo le provviste nei sotterranei, si congelano, perché non abbiamo sistemi di riscaldamento. […] Dentro queste piccole cantine rettangolari, illuminate solo dalla luce di una lanterna, riusciamo a incontrarci e a studiare la Bibbia. Dal momento che non possiamo cantare ad alta voce, ci limitiamo a bisbigliare gli inni». A Fox News Choi ha inoltre spiegato: «Ho deciso di fuggire perché pensavo che una volta che mi avessero mandato all’altro campo avrebbero potuto trasferirmi nel campo di concentramento o uccidermi. […] Viaggiavo di continuo tra la Cina e la Corea del Nord, ma non smettevano di cercarmi e rischiavo di mettere in pericolo i miei amici. Quindi sono partito».

 

Ha aggiunto che i cristiani nel campo di prigionia non accettano l’offerta di essere rilasciati al prezzo della rinuncia alle loro convinzioni. Secondo il sito Open Doors, un’organizzazione che monitora l’oppressione del cristianesimo in tutto il mondo, la Corea del Nord è il luogo più repressivo della Terra: «I cristiani sono costretti a nascondere completamente la loro fede alle autorità governative, ai vicini e spesso anche ai loro coniugi e figli».

 

A causa della sorveglianza sempre presente, molti pregano in un costante stato di vigilanza, e l’esperienza comunitaria è praticamente impossibile. La venerazione per la dinastia Kim è obbligatoria per tutti i cittadini, e chi non la pratica (compresi i cristiani) viene arrestato, imprigionato, torturato o ucciso. Tutte le famiglie cristiane sono incarcerate in duri campi di lavoro, dove ogni anno ne muore un numero imprecisato per tortura, percosse, sfinimento o fame.

 

Si stima che siano 300 mila i cristiani in Corea del Nord, di cui 50-70 mila nei campi di prigionia. «In una nazione dove il regime dominante applica un controllo totale sul grande pubblico, tutto quello che sfida il potere del governo è visto come una minaccia, inclusa la religione − ha dichiarato Jeff King, presidente dell’International Christian Concern, a Fox News − di conseguenza, il governo nordcoreano fa tutto quanto in suo potere per reprimere la diffusione del cristianesimo».

 

«C’è una differenza abissale tra la mia vita in Corea del Nord e quella negli Usa − ha confidato Choi a Fox − la vita in Corea del Nord è l’inferno… La vita in America è il paradiso».

 

Un altro disertore ha recentemente raccontato di come persino gli ufficiali dello stato maggiore vivano in una condizione di costante paura in Corea del Nord, descrivendo le esecuzioni sommarie eseguite mediante l’utilizzo di armi anti-aeree, e di come le classi più abbienti integrino miseri guadagni (40 centesimi al mese) con enormi tangenti.

 

Le esecuzioni pubbliche, accanto alla tortura, al lavoro forzato e all’arresto arbitrario, vengono utilizzate per mantenere un ambiente di paura e di controllo, secondo una relazione dell’Osservatorio per i Diritti Umani del 2017: «Il governo infligge punizioni collettive per presunti reati contro lo Stato, di fatto riducendo in schiavitù centinaia di migliaia di cittadini, bambini compresi, nei campi di prigionia e in altri centri di detenzione».

 

(EpochTimes, 10/11/2017)
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