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Porte Aperte documenta la violenza di genere contro i cristiani!
Porte Aperte documenta la violenza di genere contro i cristiani!
L’organizzazione non governativa ‘Porte Aperte’ nelle settimane scorse ha pubblicato un dossier per segnalare le violenze contro i cristiani: “Donne e uomini cristiani devono affrontare diversi tipi di pressioni a causa della loro fede, che interessano la sfera sociale, legale, fisica o economica. Li chiameremo ‘punti di pressione’ e ne sono stati identificati 37.

 

Il modo in cui queste pressioni vengono applicate è legato prevalentemente alle vulnerabilità di ciascun genere nel relativo contesto sociale o è volto a danneggiare il più possibile la famiglia o comunità. Per quanto riguarda le donne, questo spesso si associa a come viene percepita la purezza sessuale o allo status familiare, mentre per gli uomini si associa al loro ruolo nel provvedere per la famiglia o nella leadership della chiesa. In entrambi i casi queste pressioni hanno un impatto negativo dal punto di vista economico, sociale ed emotivo per l’intera famiglia e la comunità della chiesa”.

 

Il report mostra la natura mirata e grave della persecuzione che gli uomini cristiani devono affrontare globalmente. Nei 30 paesi analizzati, gli uomini cristiani, identificati dai ricercatori come fonte di sostentamento per la famiglia e leader di chiesa, sono spesso soggetti a pressioni relative a lavoro, reclutamento nell’esercito o in milizie e violenza fisica di natura non sessuale.

 

Rispetto alle donne, l’aspetto più degno di nota è la concentrazione di una pressione intensa attraverso pochi mezzi. La persecuzione dei cristiani si manifesta prevalentemente con discriminazioni legate al lavoro, dato il ruolo degli uomini nel provvedere alla famiglia.

 

Questo aspetto è stato segnalato nei report di 18 paesi sui 30 analizzati per la World Watch List. La discriminazione degli uomini assume essenzialmente due forme: viene loro impedito di ottenere o mantenere un lavoro remunerativo oppure sono sottoposti a sfruttamento e abusi. La persecuzione assume un aspetto di costrizione anziché un approccio più improvviso e catastrofico di distruzione. La ricerca relativa all’Iraq fornisce un esempio chiaro:

 

“La discriminazione sul lavoro colpisce gli uomini di tutte le denominazioni cristiane, specialmente coloro che lavorano nel settore pubblico. Nelle regioni centrali e meridionali dell’Iraq i cristiani sono sottoposti a pressioni affinché lascino il loro lavoro, specialmente se sono impiegati da organizzazioni estere oppure occupano posizioni elevate nella società (ad esempio se sono impiegati in aziende governative). Nelle regioni settentrionali i cristiani affermano di avere difficoltà a ottenere un lavoro e si sentono vulnerabili e maggiormente esposti allo sfruttamento sul lavoro”.

 

Anche lo sfruttamento sul lavoro è un tema ricorrente nelle regioni del Medio Oriente e del Golfo, come nel Qatar: “La maggior parte delle volte gli uomini cristiani sono l’unica fonte di sostentamento della famiglia e devono sopportare il peso della discriminazione sul posto di lavoro per poter aiutare le proprie famiglie. Spesso gli uomini diventano vittime di discriminazione nei compound di lavoro, dove i lavoratori espatriati (molti dei quali provenienti dal sud dell’Asia) possono alloggiare a basso costo”.

 

I casi più estremi di discriminazione legata al lavoro contro i cristiani si riscontrano in Libia, dove l’esigua popolazione cristiana del Paese (che ammonta a circa 41.700 persone) è composta prevalentemente da migranti africani. Dalla ricerca emerge che il lavoro forzato e forme di schiavitù sono modalità di abuso e persecuzione diffuse che colpiscono gli uomini cristiani.

 

Nonostante la violenza contro le donne sia generalmente più citata, le parole usate per descrivere i casi di violenza contro gli uomini sono eccezionali e gravi. In Somalia uomini cristiani sono stati uccisi, torturati, bruciati vivi ed altri sono stati uccisi con armi da fuoco; mentre per quanto riguarda la Libia, la ricerca indica che “percosse, tortura e trattamenti degradanti sono alcuni dei modi in cui gli uomini cristiani patiscono per la persecuzione”.

 

Nelle descrizioni di ogni paese il numero di casi di morte è uguale sia per gli uomini sia per le donne. Tuttavia, per i Paesi in cui la violenza contro gli uomini è segnalata come tipica, la violenza è molto più comune contro gli uomini che le donne. Ad esempio, nello Yemen, dove tra la popolazione cristiana è compreso qualche migliaio di convertiti dall’Islam, ‘gli uomini affrontano un maggior rischio di martirio’.

 

Globalmente la pressione non proviene da un solo gruppo religioso. Ad esempio il ricercatore dall’India ha riscontrato che, tra le altre difficoltà, “le forme di persecuzione a cui uomini e ragazzi cristiani sono particolarmente soggetti sono pestaggi brutali che rasentano il tentato omicidio”, descrivendo un contesto in cui le chiese sono spesso colpite da nazionalisti indù.

 

Inoltre uno dei mezzi più segnalati per esercitare pressione sulle donne cristiane rimane in gran parte invisibile ed è il matrimonio forzato. Dei 33 Paesi inclusi nella World Watch List 2018 che hanno fornito report sulla persecuzione delle donne, 17 hanno citato questa pratica tra le forme di persecuzione.

 

Talvolta il confine tra rapimento e seduzione mirata è sfumato: “Le donne spesso sono soggette a molestie, matrimoni forzati o matrimoni a seguito di rapimento e violenza sessuale. Nonostante tali pratiche siano piuttosto comuni per le donne egiziane, è stato segnalato che le donne cristiane sono particolarmente colpite da pratiche di matrimonio tramite rapimento.

 

Molte ragazze cristiane indotte a sposarsi sono minorenni e provengono da famiglie povere e vulnerabili. Questo tipo di persecuzione provoca grandi traumi psicologici e dolore alle famiglie e comunità cristiane”.

 

La conclusione del report sfata il mito che nella persecuzione non vengano fatte differenze tra uomini e donne. Tuttavia, ha altrettanta importanza il fattore unitario dei dati: gli obiettivi non sono mai gli individui, ma le famiglie e le comunità.

 

(Simona Baroncia, Korazym, 17/06/2018)
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