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Pakistan: La decisione scandalosa della Corte d’appello che ha confermato la condanna a morte di Asia Bibi
Pakistan: La decisione scandalosa della Corte d’appello che ha confermato la condanna a morte di Asia Bibi
L’Alta corte di Lahore ha confermato in appello la condanna a morte di Asia Bibi. «Oggi il caso di Asia Bibi è stato discusso a lungo ma la Corte ha rigettato l’appello», ha scritto in una nota ottenuta da tempi.it Sardar Mushtaq Gill, uno degli avvocati della cristiana pakistana condannata a morte nel 2010 e in carcere da oltre cinque anni per false accuse di blasfemia.

 

UDIENZE RINVIATE. I giudici hanno evitato di esprimersi fino a oggi, rinviando le udienze per diversi motivi per ben cinque volte. Secondo gli avvocati della donna, le accuse di blasfemia a suo carico sono completamente false e infondate e per questo si erano detti fiduciosi che oggi il giudice avrebbe assolto Asia Bibi.

 

MINACCE. Così però non è stato. Gi avvocati avevano detto di «confidare nella buona fede e nell’indipendenza della magistratura», anche perché il giudice Anwar Ul Haq «è persona stimata e corretta». Ma spesso i giudici vengono minacciati di morte da estremisti islamici e sono così spinti a dare verdetti ingiusti. Come in questo caso.

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«GIUSTIZIA IN MANO A ESTREMISTI». Come dichiarato a Fides da un altro avvocato della donna, Naeem Shakir, «il giudice ha ritenuto valide e credibili le accuse delle due donne musulmane (due sorelle) che hanno testimoniato sulla presunta blasfemia commessa da Asia. La giustizia è sempre più in mano agli estremisti». Ora gli avvocati faranno un ultimo ricorso, quello alla Corte suprema. Se questa non capovolgerà il verdetto, Asia Bibi sarà giustiziata.

 

I FATTI. La donna pakistana, di fede cattolica, ha marito e cinque figli. Il 14 giugno del 2009, giorno in cui è cominciato tutto, lavorava nei campi come sempre. Era andata a prendere dell’acqua da un pozzo per ristorarsi e poi l’ha offerta alle donne musulmane che lavoravano con lei, ma loro le hanno risposto accusandola di avere infettato la fonte. Perché lei, in quanto cristiana, è un’infedele. Asia Bibi ha respinto quell’appellativo e si è rifiutata di convertirsi all’islam, spiegando quanto fosse grande tutto quello che Dio aveva fatto per lei nella vita. Di conseguenza, le donne l’hanno accusata di blasfemia per insulti al profeta Maometto. Solo cinque giorni dopo, il 19 giugno, il mullah musulmano Qari Muhammad Sallam ha formalizzato l’accusa davanti alla polizia.

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LEGGE SULLA BLASFEMIA. Non c’è peggiore disgrazia per un cristiano che essere accusato di blasfemia. La cosiddetta “legge nera” è stata introdotta nel codice penale pakistano nel 1976. Le pene per chi insulta l’islam, Allah o Maometto, includono l’ergastolo e la condanna a morte. Recentemente, la Corte della sharia ha chiesto che la norma venga cambiata e che l’unica sanzione possibile sia la condanna a morte. Nella stragrande maggioranza dei casi la legge viene utilizzata in modo strumentale per vendette personali o ragioni economiche: gli accusati, infatti, sono spesso costretti ad abbandonare le loro proprietà, che vengono rilevate per due soldi o addirittura sequestrate dagli accusatori. Ne è prova il fatto che oltre il 95 per cento di queste accuse si rivelano in sede giudiziaria false e infondate. Ma nonostante questo non c’è scampo per chi viene accusato di blasfemia: molti cristiani sono stati uccisi mentre entravano in tribunale per il processo, perché per i gruppi fanatici islamici non c’è giustizia umana che possa contraddire quella divina. Questo è il motivo per cui sempre più spesso gli imputati non assistono ai dibattimenti in aula e, anche quando vengono assolti, sono costretti a lasciare il paese per sempre.

 

Leone Grotti (Tempi)
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