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«Il mio compito è essere un punto interrogativo e una presenza davanti a Dio»
«Il mio compito è essere un punto interrogativo e una presenza davanti a Dio»
Il 5 febbraio 2006 don Andrea Santoro è stato ucciso mentre pregava rivolto verso l’altare della chiesa di Santa Maria a Trebisonda, in Turchia. Nel 2011 ha preso il suo posto padre Patrice Jullien de Pommerol, che da allora prega ogni giorno in quello stesso luogo.

 

«ISLAMIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ». Il gesuita è stato inviato a Trebisonda dopo aver passato dodici anni ad Ankara. Nella storica città di 760 mila abitanti, «dove vivono tante persone diverse che cercano le loro radici», il sacerdote ha avuto un record di fedeli «quest’anno a Pasqua: c’erano quasi cinquanta persone a Messa». A Trebisonda la vita per i cristiani non è mai stata facile ma ora è ancora più difficile per colpa dell’ondata di «islamizzazione» incoraggiata dal «presidente della Repubblica [Erdogan], che spinge le ragazze a portare il velo e apre scuole Imam Hatip per diffondere la religione». Anni fa, continua il gesuita parlando alla sezione francese di Radio Vaticana, «non mi era mai capitato che dei giovani venissero in chiesa a dirmi: “Vado in una scuola coranica e studio il Corano. Risponda a questa domanda: perché beve del vino durante la Messa?”. Lo fanno per dare contro alla Chiesa. Prima non era così».

 

DON ANDREA SANTORO. Guidando la parrocchia dove è stato ucciso don Andrea Santoro (foto a fianco), padre Patrice deve prendere delle precauzioni: «Ogni tanto i cristiani vengono a dirmi: “Padre, faccia attenzione, non apra a tutti e non tenga la porta della chiesa sempre aperta”. Quando dico Messa sono obbligato a chiuderla. Sono solo purtroppo, non ho guardie del corpo. Non c’è nessuno che perquisisca le persone all’entrata». Ma ci sono anche dei segnali positivi. All’entrata della chiesa è stata apposta una targa con la scritta: “Qui è morto Andrea Santoro”. E «i musulmani che vengono e vedono la targa spesso mi dicono: ci dispiace, ci manca, è un’onta per noi».

 

«CUORE DELLA MISSIONE». La missione del sacerdote è un po’ diversa da quella degli altri gesuiti: «Un gesuita dovrebbe vivere in comunità ma la mia si trova a 850 chilometri e il mio vescovo è a 1.500. Nella mia parrocchia ci sono due chiese: questa e quella a Samsun, a 350 chilometri di distanza, dove purtroppo la legge mi impedisce di dire Messa. Il cuore della mia missione qui è tenere la chiesa aperta. Entrano un’ottantina di persone alla settimana, soprattutto donne, e io devo essere là per ascoltarle». Persone «commoventi, perché tengono solamente a Dio e io gli ricordo che per quanto male possa fare loro la società, Dio è più forte. Questo è il mio compito».

 

«UN PUNTO INTERROGATIVO». Molte cose che in Occidente potrebbero sembrare scontate, per padre Patrice, a Trebisonda, non lo sono: «Quando sono arrivato a Messa venivano otto persone. Ora sono una ventina. Ma il solo fatto che la chiesa possa aprire le porte la domenica è un segno di speranza formidabile per tutte queste donne di origini georgiane o armene. Loro infatti non hanno altro posto per ritrovarsi e lodare Dio». L’atteggiamento del gesuita non è passato inosservato: «I vicini prima erano diffidenti, ora invece mi portano qualche regalo a volte. La gratuità di un prete non è normale in questo posto. E anche se non è facile essere insultato per strada tutti i giorni, colpito con sassate, ricevere telefonate da sconosciuti che vogliono solo capire se sei in casa di notte per cercare di violare la chiesa, per me il lato positivo è molto più importante. La mia missione qui consiste nel far nascere a qualcuno un punto interrogativo. Il mio compito è essere un punto interrogativo e una presenza davanti a Dio».

 

NOTTE E STELLE. I cristiani in Turchia sono solo lo «0,02 per cento della popolazione, eppure hanno paura di noi. Vi rendete conto? Si può essere espulsi in ogni momento. Qui siamo nella notte più buia. È come la notte dopo la morte di Cristo. Ma penso sempre alla visione di Abramo. È di notte che ha visto le stelle e la sua discendenza».

 

(Tempi)
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